La norma contenuta nell’art.3, comma 8 e 9, del Decreto Legislativo 23/2011 è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Tale norma, ricordiamo, riconosceva agli inquilini che denunciavano un contratto di affitto in nero, la stipula di un contratto di locazione non registrato oppure la stipula di un contratto di locazione registrato tardivamente o con un importo inferiore, i seguenti benefici: la conversione della locazione in un contratto di durata di 4 anni + ulteriori 4 anni con rinnovo automatico; la riduzione del canone mensile fino all’80-90% rispetto a quello di mercato; l’impedimento dello sfratto nonostante il mancato pagamento del canone più elevato che doveva essere corrisposto secondo l’accordo tra le parti.
Tale norma, tuttavia, come già sopra anticipato, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 50/2014. Questo significa quindi non solo che d’ora in avanti gli inquilini che denunciano un affitto in nero o uno dei fatti sopra indicati non avranno più diritto ad alcun beneficio, con conseguente perdita dell’incentivo, ma anche e soprattutto che gli effetti di tale sentenza, avendo effetto retroattivo, avranno conseguenze anche sulle denunce già inoltrate dal 2011 ad oggi. Ne deriva quindi che i contratti registrati a seguito delle denunce smetteranno di essere validi e, a fronte del pagamento di canoni ridotti, l’inquilino risulterà inadempiente nei confronti del proprietario dell’immobile, che a sua volta potrà procedere allo sfratto, in particolare esercitando un’azione legale ordinaria per contestare l’occupazione dell’immobile avvenuta senza titolo.
Questo almeno secondo la prima interpretazione, poiché avendo la decisione della Corte Costituzionale efficacia retroattiva, dovrebbe andare ad annullare tutti gli effetti prodotti dalla norma dichiarata illegittima. Tuttavia, in Senato il relatore del provvedimento, nel corso della seduta pubblica che ha avuto luogo giovedì 8 maggio 2014, ha riferito l’introduzione di una norma ad hoc che salvaguarda fino al 31 dicembre 2015 gli effetti della norma cancellata dalla decisione della Corte Costituzionale. In altre parole, pur non mettendo in alcun modo in discussione la sentenza, la norma va a salvaguardare coloro che ne hanno beneficiato e che di certo non possono subire oneri che vanno ad intaccare negativamente le loro condizioni di vita semplicemente per aver applicato una legge approvata dal governo ed entrata ufficialmente in vigore.
Se da una parte, dunque, la decisione della Corte Costituzionale ha eliminato un incentivo per gli affittuari a denunciare gli affitti in nero, che in questo modo potevano trarre benefici di tipo economico dalla denuncia stessa, dall’altra parte la decisione della Corte Costituzionale è stata accolta in maniera favorevole dalle associazioni dei proprietari di immobili, che più volte avevano lamentato i potenziali abusi che gli inquilini avrebbero potuto porre in essere servendosi di tale norma.
Dunque, l’ennesimo tentativo del governo di arginare il fenomeno degli affitti in nero si è rivelato vano, questa volta non tanto per l’inefficacia della norma stessa nella sua concreta applicazione ma per via dell’intervento della Corte Costituzionale. Urge comunque un nuovo intervento, considerando che quello degli affitti senza regolare contratto è un fenomeno purtroppo molto diffuso in Italia, soprattutto quando si tratta di affitti di carattere temporaneo (affitti stagionali o a studenti), che si stima sottraggano ogni anno all’economia del Paese circa 150 miliardi di euro.